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LÉNGUA MÊDRA

Rèș e la nôstra léngua arsâna

LA FÔLA DAL MÈIŞ

Al fôli, nel nostro dialetto, sono le favole o le storie un po’ fantasiose che si raccontavano durante i filôs nelle stalle. Le nostre fôle sono piccoli contributi, in forma scritta o di brevissimi video, che produciamo con cadenza mensile e diffondiamo in collaborazione con la biblioteca comunale “Pablo Neruda” di Albinea. Modi dire, proverbi, leggende, canti popolari e tanto altro ancora, secondo quello che la nostra curiosità, di volta in volta,  ci suggerisce.

Contributi brevi però, anche perché tutti i reggiani hanno imparato fin da bambini che la fôla ed l’ôca l ē bèla s’l ē pôca.

LAMBRÓSCH

Lambrósch. Da dove proviene questo nome di un’uva e del vino che se ne ricava? Quando si cerca l’etimologia di una parola si entra in un campo minato. Ecco due possibili spiegazioni di questo termine.

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AL PÓSA CMÈ UN CALGHÊR

Nell’antica Reggio, al tempo del Rinascimento, nell’area attorno all’attuale via Galgana, una conceria ammorbava l’aria. Ma come i fiori che nascono dal letame, da quelle parti nacque anche un pittore importantissimo per le sue opere a Valencia.

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LA SPOSA PORCAJA

Un letterato e ricercatore di tradizioni popolari, Giuseppe Ferraro, raccolse il testo di una antichissima canzone popolare a Montericco di Albinea e la pubblicò nel 1901. Il testo è purtroppo privo di due versi, che stiamo cercando. Qualcuno li conosce?

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LA ROŞÊDA D SAN ŞVÂN

Quando il cristianesimo si sostituì alle religioni pagane preesistenti, ai riti pagani dell’esaltazione della luce nella notte del solstizio d’estate si sostituì la simbologia dell’acqua. La rugiada della notte i San Giovanni arrivò a rappresentare l’acqua del battesimo e le si attribuirono poteri miracolosi e propiziatori.

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LÓJ, L’AQUA…E LA BORDA

La Bôrda era un animale, tra fantastico e mitologico, che abitava nel fondo di pozzi e dei tanti stagni (mêşer) dove veniva fatta macerare la canapa. Sebbene fosse spaventoso, alla fine aveva una missione molto importante. Ce lo spiega Luciano Cucchi in questa Stôria dal Tabâr.

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ŞÓGN PRÔVA CUSTÓM

L ē dmèj fêr gòla che fêr pietê”. Questa espressione era utilizzata dalle famiglie che ostentavano un alto tenore di vita, sottolineando la generosità delle forme muliebri, simbolo di ricchezza, salute e benessere. Ce lo spiega questa Stôria dal Tabâr.

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AL VÊRB ÈSER

Una piccola lezione di grammatica dialettale tenuta dal fantasioso “professore” Luciano Cucchi, in una delle sue Stôrie dal Tabâr.

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L Ē RÒS CME UN PÎT

  Il dialetto reggiano utilizza molte espressioni derivate dall’attenta osservazione degli animali per definire caratteristiche delle cose e delle persone. Quando il dialetto era la

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’NA FÔLA ANTÎGA

Una Stôria dal Tabâr ispirata dal mito di Proserpina e Plutone, che riflette il ciclo morte-rinascita della terra, con preziosi inserti in dialèt arsân.

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LA STÔRIA D GINEVRA E RIODANTE

La storia di Ginevra, figlia del Re di Scozia, è narrata nell’Orlando Furioso. Luciano Cucchi la reinterpreta nella sua Stôria dal Tâbar evidenziandone la grande attualità in questi tempi di misoginia.

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10 “WELLERISMI” IN DIALÈT ARŞÂN

Quando ancora non esisteva la TV e la pubblicità era semplice informativa, il dialetto reggiano aveva già elaborato tecniche per catturare l’attenzione dell’interlocutore, in modo simile a quanto Charles Dickens fa fare al suo personaggio Sam Weller.

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CM ÎN NASÛ I CAPLÈT ARŞÂN

Una piccola fake-news per ambientare in terra reggiana l’origine dei cappelletti, prendendo a prestito Alessandro Tassoni e Giuseppe Ceri. Per onestà, viene raccontata anche la vera, sebben fantasiosa, storia della nascita dei tortellini: bolognesi o modenesi? Noi reggiani abbiamo i cappelletti e non entriamo nella diatriba.

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LA FÔLA ED SALVÂGNA

Un’antica favola reggiana che i vecchi erano soliti raccontare ai bambini per giustificare le macchie scure che compaiono sulla faccia della Luna piena. Denis Ferretti l’ha fissata nella versione dialettale, come il nonno gliela raccontava, per la gioia dei bambini di oggi e per quelli del futuro.

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