“Un buon hayku è un ciottolo gettato nello stagno della mente dell’ascoltatore” (Alan Watts, studioso zen)
L’ haiku è un componimento antichissimo, di origine giapponese. Generalmente è composto da tre versi per complessive diciassette sillabe, secondo lo schema 5/7/5. Come scrive Roland Barthes l’haiku “racchiude ciò che vedete, ciò che sentite, in un minimo orizzonte di parole”.
Lo haiku non descrive mai, è anti-descrittivo, non declama, non giudica e non spiega, presenta solo un’immagine, una fragile apparizione.
Associa due idee: una che esprime un concetto-sentimento astratto (amore, vecchiaia, solitudine, gioia…) e l’altra idea che lo condensa in una immagine visiva (un chiaro di luna, un albero secco, una strada vuota, farfalle che battono le ali…)
Dunque c’è una parte oggettiva, una scena visiva tangibile e fotografabile, il cui significato astratto si forma nella mente del lettore.
C’è quasi sempre un “anello semantico” che salta, è taciuto, e da questi vuoti deriva un senso segreto che deve scoprire il lettore. Può essere definito anche il componimento dell’omissione. Come uno “schizzo” di cui sono chiari solo i contorni, il resto deve riempirlo il lettore da sé.
Breve, autonomo e compiuto, i suoi elementi ricorrenti sono:
ma queste regole non sono rigide, anche perché il segreto dell’haiku sta nella rappresentazione di una realtà che si fa specchio dell’interiorità.
L’apparente semplicità nasconde una intensità sorprendente.
Le figure retoriche che meglio si attagliano sono la metafora, la similitudine, la analogia.
Potremmo concludere affermando che l’haiku corrisponde alle celebri lezioni calviniane poiché concretizza leggerezza, rapidità, esattezza e visibilità.
Autori che si sono confrontati con lo haiku, in tante lingue diverse, sono stati: Machado, Borges, Kerouac, Sanguineti, Zanzotto e molti altri. Tra gli scrittori moderni giapponesi di haiku si contano una quindicina di donne.
Con questa sezione diamo spazio alla scrittura di haiku anche nella nostra léngua mêdra, iniziando con un componimento che ci ha lasciato il nostro amico Paolo Gibertini.
(Paolo Gibertini)
(Maura Bartoli)
Erano tutte marce/ le canne del grande fiume gelato./ Nemmeno un fiato d’aria
(Maura Bartoli)
(Denis Ferretti)
Comincia a piovere/ Il bucato steso/ un sacco di imprecazioni.
(Maura Bartoli)
Alle prime luci del giorno/sono tornate/le farfalle nei prati.
(Maura Bartoli)
(Maura Bartoli)
(Luciano Cucchi)
(Gian Franco Nasi)
I colombi viaggiatori/volano leggeri sulle nuvole:/prigionieri dell’amore
(Gian Franco Nasi)
I pesci rossi pensano:/che grande Luna Park il mondo,/ che sfera di vetro!
(Gian Franco Nasi)
Nuvole rosate,/nuvole nere, sfilacciate. Involucro di sogni.
(Gian Franco Nasi)
Che pace c’è qui/tra i fiocchi di neve/da sei punte ognuno!
(Gian Franco Nasi)
Gennaio, aria di vetro,/notte, luce d’eterne stelle:/ rabbrividisco per un lamento.
(Gian Franco Nasi)
Ramarro verderame/ nascosto dentro una fascina./ Ha adocchiato un ragno.
(Gian Franco Nasi)
Cialda, nuvola di pane./ In tanti ti ritengono un mistero,/ anche se non vali nulla.
Matsuo Bashō è stato un poeta giapponese nato nel 1644 e morto nel 1694. È considerato uno dei maggiori maestri della poesia haiku in Giappone. La poesia di Bashō è caratterizzata dalla sua semplicità e dai temi ricorrenti della natura e del cambiamento delle stagioni.
Proponiamo di seguito alcune prove di traduzione di dieci haiku di Matsuo Bashō nel dialetto reggiano, partendo da testi in lingua reperiti nel web. Questo lavoro è ispirato dal desiderio di trovare nuove forme espressive per il dialetto e una di queste pensiamo possa essere l’haiku.
In qualche caso la regola 5-7-5 non è pienamente rispettata nella traduzione italiana e in quella dialettale. A volte, addirittura, le sillabe sono “mancano” . Come si è detto nella presentazione di questa pagina, questa regola non è tassativa. Tuttavia, rappresenta un vincolo molto utile per esercitarsi a togliere tutto ciò che è superfluo .
Invitiamo anche i nostri lettori a cimentarsi nell’ideazione di nuovi haiku o nella traduzione di haiku di celebri poeti.
La campana del tempio tace
ma il suono continua
ad uscire dai fiori.
Nello stagno antico
si tuffa una rana:
eco dell’acqua.
Il mare si oscura.
Il grido delle oche selvatiche
qualcosa di bianco.
Steli di iris
si aggrovigliano ai miei piedi
come lacci di sandali.
Languore d’inverno:
nel mondo di un solo colore
il suono del vento.
La prima neve!
appena da piegare
le foglie dell’asfodelo
Amico, accendi il fuoco
ti mostrerò
una palla di neve.
Nobiltà di colui
che non deduce dai lampi
la vanità delle cose.
Sera:
tra i fiori si spengono
rintocchi di campana
Ammalatomi in viaggio,
il mio sogno corre ancora
qua e là nei campi spogli.
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