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LÉNGUA MÊDRA

Rèș e la nôstra léngua arsâna

HAIKU ARŞÂN

“Un buon hayku è un ciottolo gettato nello stagno della mente dell’ascoltatore” (Alan Watts, studioso zen)

 


 

Davide Benati: Paese del calmo mattino,1986

HAIKU

L’ haiku è un componimento antichissimo, di origine giapponese. Generalmente è composto da tre versi per complessive diciassette sillabe, secondo lo schema 5/7/5. Come scrive Roland Barthes l’haiku “racchiude ciò che vedete, ciò che sentite, in un minimo orizzonte di parole”.

Lo haiku non descrive  mai, è anti-descrittivo,  non declama, non giudica e non spiega, presenta solo un’immagine, una fragile apparizione.

Associa due idee: una che esprime un concetto-sentimento astratto (amore, vecchiaia, solitudine, gioia…) e l’altra idea che lo condensa in una immagine visiva (un chiaro di luna, un albero secco, una strada vuota, farfalle che battono le ali…)

Dunque c’è una parte oggettiva, una scena visiva tangibile e fotografabile, il cui significato astratto si forma nella mente del lettore.

C’è quasi sempre un “anello semantico” che salta, è taciuto, e da questi vuoti deriva un senso segreto che deve scoprire il lettore.  Può essere definito anche il componimento dell’omissioneCome uno “schizzo” di cui sono chiari solo i contorni, il resto deve riempirlo il lettore da sé.

Breve, autonomo e compiuto, i suoi elementi ricorrenti sono:

  • la struttura metrica di tre versi (5 – 7 – 5 sillabe)
  • il riferimento a una stagione dell’anno a cui il testo è dedicato

ma queste regole non sono rigide, anche perché il segreto dell’haiku sta nella rappresentazione di una realtà che si fa specchio dell’interiorità.

L’apparente semplicità nasconde una intensità sorprendente.

Le figure retoriche che meglio si attagliano sono la metafora, la similitudine, la analogia.

Potremmo concludere affermando che l’haiku corrisponde alle celebri lezioni calviniane poiché concretizza leggerezza, rapidità, esattezza e visibilità.

Autori che si sono confrontati con lo haiku, in tante lingue diverse, sono stati: Machado, Borges, Kerouac, Sanguineti, Zanzotto e molti altri. Tra gli scrittori moderni giapponesi di haiku si contano una quindicina di donne.

Con questa sezione diamo spazio alla scrittura di haiku anche nella nostra léngua mêdra, iniziando con un componimento che ci ha lasciato il nostro amico Paolo Gibertini.

 
Gòsi d roşêda
sui câmp che ancòra dòrmen.
Silèinși perfèt.

(Paolo Gibertini)

Gocce di rugiada/sui campi che ancora dormono./Silenzio perfetto.
Tòti mersi iēren
al câni in dal grand fiòm şlē.
Gnanca un fiē in dl’aria.

(Maura Bartoli)

Erano tutte marce/ le canne del grande fiume gelato./ Nemmeno un fiato d’aria

Na nèbia deinsa
la sta in tòta la sitē.
L’invèren l’è ché.

(Maura Bartoli)

La nebbia densa/riempie tutta la città./ L’inverno è qui. 
A vîn a piōver
La bughêda destèişa
Un sâch ed madòn

(Denis Ferretti)

Comincia a piovere/ Il bucato steso/ un sacco di imprecazioni.

Al prémi luşi dal dé
in turnêdi
al parpâj in di prē.

(Maura Bartoli)

Alle prime luci del giorno/sono tornate/le farfalle nei prati.

Dal parpâj alşēri,
i vôlen cmè piómi
in dl’âria dal meşdé.

(Maura Bartoli)

Delle farfalle leggere/volano come piume/nell’aria del mezzogiorno.   
 
 
Na parpâja celèsta
l’as pòsa in sèma ai fiōr
di câmp ed grȃn.

(Maura Bartoli)

Una farfalla celeste/si posa sui fiori/dei campi di grano.
 
 
’Al bèigh al dîs:
– Sicûr un dé vularó!
Al parpâj sèri.

(Luciano Cucchi)

Il bruco dice:/- Sicuramente un giorno volerò!/ Le farfalle serie. 
 
I clòmb viaşadōr
vôlen alşēr só ’l nóvli.
Perşunēr d l amōr

(Gian Franco Nasi)

I colombi viaggiatori/volano leggeri sulle nuvole:/prigionieri dell’amore

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I pès ròs pèinsen:
che grân baracòun al mònd,
che bôcia d vēder!

(Gian Franco Nasi)

I pesci rossi pensano:/che grande Luna Park il mondo,/ che sfera di vetro!

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Nóvli roşêdi,
nóvli nîgri e slanêdi.
Scartôc d insòni.

(Gian Franco Nasi)

Nuvole rosate,/nuvole nere, sfilacciate. Involucro di sogni.

 

Che pêş  a gh ē ché
tramèş i fiôch ed nèiva
da sē pûnti l ûn!

(Gian Franco Nasi)

Che pace c’è qui/tra i fiocchi di neve/da sei punte ognuno!

Şnêr, âria d vēder,
nôt, lûş d etêrni strèli:
me schermés p’r un sîgh

(Gian Franco Nasi)

Gennaio, aria di vetro,/notte, luce d’eterne stelle:/ rabbrividisco per un lamento.

 

Ingòr ed veirdrâm
lughê dèinter ûn ramâgn.
L à s-ciuşì un râgn.

(Gian Franco Nasi)

Ramarro verderame/ nascosto dentro una fascina./ Ha adocchiato un ragno.

Nèvla, nóvla d pân.
In tânt at dîşen mistēr,
ânch s at vel n’òstia.

(Gian Franco Nasi)

Cialda, nuvola di pane./ In tanti ti ritengono un mistero,/  anche se non vali nulla.

 

Dieci haiku di Matsui Bashō

 

 

Matsuo Bashō è stato un poeta giapponese nato nel 1644 e morto nel 1694. È considerato uno dei maggiori maestri della poesia haiku in Giappone. La poesia di Bashō è caratterizzata dalla sua semplicità e dai temi ricorrenti della natura  e del  cambiamento delle stagioni.

 Proponiamo di seguito alcune prove di traduzione di dieci  haiku di Matsuo Bashō nel dialetto reggiano, partendo da testi in lingua reperiti nel web.  Questo lavoro è ispirato dal  desiderio di trovare nuove forme espressive per il  dialetto e una di queste pensiamo possa essere l’haiku.

In qualche caso la regola 5-7-5 non è pienamente rispettata nella traduzione italiana e in quella dialettale. A volte, addirittura, le sillabe sono  “mancano” . Come si è detto nella presentazione di questa pagina, questa regola non è tassativa. Tuttavia, rappresenta un vincolo molto utile per esercitarsi a togliere tutto ciò che è superfluo .

Invitiamo anche i nostri lettori a cimentarsi nell’ideazione di nuovi haiku o nella traduzione di haiku di celebri poeti.

 
Tês la campâna
peró al sòun al sêgvita
a gnîr dai fiōr.

 

La campana del tempio tace
ma il suono continua
ad uscire dai fiori.

Ind al stâgn antîgh
A s ē tufê ’na râna:
vîn l ēco dl âcvua.

Nello stagno antico
si tuffa una rana:
eco dell’acqua.

Al mêr a s fà scûr.
I vêrs d ôchi salvâdghi
Un quèl ed biânch.

Il mare si oscura.
Il grido delle oche selvatiche
qualcosa di bianco.

I gâmb d ëspadòun
ingarbóien i mē pē
cme curşôl d sandèl.

Steli di iris
si aggrovigliano ai miei piedi
come lacci di sandali.

Langvòur d invêren:
in dal mònd d un sōl culōr
al sòun dal vèint.

Languore d’inverno:
nel mondo di un solo colore
il suono del vento. 

Foto di Riccardo Varini
La préma nèiva!
Asê apèina da pighêr
al fòj dal porâs.

La prima neve!
appena da piegare
le foglie dell’asfodelo

Amîgh, dâm dal fōgh
at faró vèder
’na bâla d nèiva.

Amico, accendi il fuoco
ti mostrerò
una palla di neve.

Nobiltê dl’ òm ch al
trà mia da ’na luşnêda 
al vôd dal côsi.

Nobiltà di colui
che non deduce dai lampi
la vanità delle cose.

Sîra:
tra i fiōr se şmòrsen
bôt ed campâna.

Sera:
tra i fiori si spengono
rintocchi di campana

Malê in vias,­
al mē insòni al và incòra
ché e là in câmp plê.

Ammalatomi in viaggio,
il mio sogno corre ancora
qua e là nei campi spogli.