Sère imbarlumìde, tal fossâl
’a crès l’ àghe,
na fèmine plène
’a ciamìne tal ciamp.
Io ti ricuàrdi, Narcìs, tu vévis il colòr
da la sère, quànt lis ciampànis
‘a sunin di muàrt.
IL FANCIULLO MORTO
Sera mite all’ ultimo barlume, nel fosso
cresce l’acqua,
una femmina piena
cammina pel campo.
Io ti ricordo, Narciso, tu avevi il colore
della sera, quando le campane
suonano a morto.
AL PUTÎN MÔRT
Sîra imbarbajêda, in dal fôs
a crès l’aqua,
‘na fèmna pîna
la camîna in dal câmp.
Mé a t’arcôrd, Narciso, té t’ gh’îv al culòur
ed la sîra, quând al câmpani
a sòunen a môrt.
La versione in dialetto reggiano è recitata dal nostro Luciano Cucchi
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La femmina piena evoca col suo peso nel passaggio reale l’assenza di Narciso e il colore terreo del fanciullo morto, a sua volta, si precisa in quella sensazione, teneramente rara, di una sera attutita dal suono delle campane funebri, in cui due sensi concomitanti si fondono, in una indovinata interferenza.
Antonio Russi, Poesie a Casarsa di Pier Paolo Pasolini, «Primato», a. IV, n. 13, 1° luglio 1943, p. 239.
La donna incinta appartiene a un repertorio di immagini che converge verso la fecondità creatrice, simbolo principale dei primi due versi, seguiti dagli ultimi due riguardanti la giovinezza morta, quindi resa eterna. Qui è un’entità che potenzialmente dà vita, ma ad una creatura che muore al momento stesso della nascita: figura dell’ante-vita legata alla morte (e figura dell’“anti-vita”).
Doi Hideyuki: L’ esperienza friulana di Pasolini. Cinque studi. Franco Cesati Editore, 2011
L’immagine “Eco e Narciso” è tratta da L’Epistre d’ Othèa à Hector di Christine de Pizan.
L’immagine di copertina. “Narciso” (1926) è del pittore e scultore tedesco Franz von Stuck (1863-1928).