CANTERELLA

Canterella

 

 

Denominazione scientifica:
Coronilla scorpioides

Denominazione comune:
Cornetta coda di scorpione, Coronilla coda-di-scorpione

 

Denominazione in Arşân:
Êrba ed sant’Ambrōş, Êrba muròuşa
(Erba di Sant’Ambrogio, Erba morosa)

 

Note e Crediti
Ricordiamo  una filastrocca, riportata da Mario Mazzaperlini in A’s fa pér môd éd dîr, che attribuisce alla Cornetta le proprietà dell’Erba di sant’ Ambrogio:
Erba ‘d Sant Ambròş / Ch’ét brûş tant cme ’l fògh
Ch’ét brûş
tant cm’al sêl /Fàm vèd’r in dò l é al mêl
(Erba di Sant’Ambrogio / che bruci tanto come il fuoco
che bruci tanto come il sale / fammi vedere dov’è il male)
Foto di Sergio Picollo in: Forum Acta Plantarum – Indice

 


 

2 risposte

  1. La filastrocca mi è piaciuta moltissimo: Non ho capito bene perché la canterella doveva mostrare il male, quale e in che modo, forse con una Avérta ?. Mi piacerebbe anche sapere quando il testo “A’s fa pér môd éd dîr” è stato pubblicato e da chi.
    Grazie e complimenti.
    Giorgio Rinaldi

    1. Gentilissimo professore, la filastrocca è riportata a pag. 370 di A’s fa pér môd éd dîr di Mario Mazzaperlini. A spiegazione della filastrocca, Mazzaperlini scrive: “L’Erba di Sant’Ambrogio (la cantarella) veniva ritenuta risanatrice delle malattie vescicatorie se, dopo essere stata bollita, veniva applicata sulla parte malata, ben calda, mentre si recitava la filastrocca. (Io interpreto che il se vada sostituito con un e visto che non viene data una spiegazione di cosa succede a seguito dell’applicazione).

      Giuliano Bagnoli, medico e Presidente del Centro per lo Studio del Dialetto Reggiano, nel suo saggio “Mali e malattie umane nella classificazione nosografica del dialetto reggiano” (in Bollettino Storico Reggiano, LIII,(3), 2021) riporta per due volte la filastrocca: a proposito del Mâl dal giûnt (male delle giunture) e del Mêl di gulòuş o di léff o di sgnòur (gotta , podagra), in entrambi i casi con questa specificazione: “Nella Val d’Enza alcuni usavano apporre sull’articolazione gottosa alcune foglie di èrba ed Sant’Ambrôş (canterella o piè di corvo, Coronilla scorpioides Koch), una papillionacea dall’attività vescicatoria: le foglie, leggermente contuse, venivano applicate come cataplasma all’esterno e generavano un maggiore afflusso di sangue nella zona con sviluppo di calore. Vi era anche una filastrocca che accompagnava l’uso di questa pianta (segue il testo e la traduzione in italiano della filastrocca). Aggiunge, a proposito dell’ultimo verso “fàm vèdr ‘in dó è al mêl”: mostra il tuo effetto dov’è il male. Bagnoli riporta anche un riferimento bibliografico: la filastrocca è stata tramandata da Sani E., Ricette popolari e pratiche superstiziose in Val d’Enza, Reggio E., 1942, p.11.

      Quanto alla pubblicazione A’s fa pér môd èd dîr (Ròba ‘d cà nòstra) Proverbi e modi di dire del dialetto Reggiano, 606 pagine, è edita da Bizzocchi editore. La seconda edizione è del 1986.

      Un cordiale saluto Gian Franco Nasi

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