NINO PEDRETTI

 

 

Per il 25 Aprile

Quest’anno cade l’80° anniversario della fine della Seconda Guerra mondiale. Voci ben più autorevoli della nostra celebreranno il 25 Aprile. Nessuno del gruppo Léngua Mêdra ha conosciuto direttamente quel giorno di festa, ma è ben vivo nei ricordi: per i racconti dei nostri genitori e nonni; per l’atmosfera che respirammo durante le sfilate alle quali partecipammo da bambini, lungo la via Emilia, da Porta San Pietro a Piazza della Libertà; per il tricolore di carta crespata che la gente esponeva numerosa alle finestre.

Vogliamo celebrare questo giorno proponendo una poesia di Nino Pedretti ((Santarcangelo di Romagna, agosto 1923 – Rimini, maggio 1981)), poeta di Sant’Arcangelo di Romagna, pubblicata nel suo libro Al vòusi. Pubblicato nel 1975. Il nostro contributo, piccolissimo, sta nella traduzione nel dialetto reggiano, non per rendere la poesia più comprensibile, perché comprensibile lo è già di per sé, quanto per ricordare con parole a noi più usuali gli uomini e le donne che hanno combattuto per la nostra libertà. E anche, per segnalare agli amanti della poesia dialettale questo grande poeta ancora poco conosciuto dalle nostre parti.

I partigiân

Ä n ē mia per via dla glôria
s’ ä sòm andê in muntâgna
a fêr la guèra.
Ed guèra ä sòm-e-stóf,
ed patria ânch.
Gh îven bişògn ed dîr:
lasês al mân lébri,
i pē, j ôc, al j urèci;
lasês durmîr indal fèin
cun na ragâsa.
Per còst ä s sòm armê
ä s sòm fât impichêr
ä sòm andê al masèl
cun al cōr ch pianşîva
e i lâber ach termêven.
Mó ânch acsé saîven
che ’d frûnt a un bôja ’d un fasésta,
nuêter ä j’ēren persòuni
e lōr dal mariunèti.
E adèsa ch ä sòm môrt
an runpîs mia ‘l bâl
cun dal serimòni,
pinsê piutôst ai vîv
ch en âbien mia ânca lōr
da pêrder la gioventó.

Traduzione: Léngua Mêdra

I partigièn

U n’è par véa dla glória
sa sém andè in muntagna
a fè la guèra.
Ad guèra a sémi stóff, a
d patria ènca.
Evémi bşògn ad déi:
lasés al mèni lébri,
i pi, i ócc, agli uréci;
lasés durméi te fén
s’una ragaza.
Par quèst avém sparè
a’s sém fatt impiché
a sém andè e’ mazèll
pianzénd te cór
e al labri ch’al treméva.
Mò ènca acsè a savémi
che a pèt d’un bòia d’un fascésta,
nèun a sémi zénta
e lòu dal mariunèti.
E adèss ch’a sém mòrt
n’u rumpéis i quaiéun
sal cerimoni,
pansé piutost mi véiv
ch’i n’apa da perd ènca lòu
la giovinèza.

Nino Pedretti, da: Al vòusi, 1975
nel dialetto di Santarcangelo di Romagna

Testo in italiano
I partigiani

Non per ragioni di gloria
andammo in montagna
a far la guerra.
Di guerra eravamo stufi
di patria anche.
Avevamo bisogno di dire:
lasciateci le mani libere,
i piedi, gli occhi, le orecchie;
lasciateci dormire nel fienile
con una ragazza.
Per questo abbiamo sparato
ci siamo fatti impiccare
siamo andati al macello
piangendo nel cuore
con le labbra tremanti.
Ma anche così sapevamo
che di fronte ad un boia fascista,
noi eravamo persone
e loro marionette.
E adesso che siamo morti
non rompeteci i coglioni
con le cerimonie,
pensate piuttosto ai vivi
che non abbiano a perdere anche loro
la giovinezza.

 

La poesia I partigiân è letta da Luciano Cucchi

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