AL RANI MAI CUNTEINTI

 

 

Ci sono favole che non hanno tempo: sono state scritte duemila anni fa ma sono ancora attuali, più per gli adulti che per i bambini.

Un esempio significativo sono le favole di Fedro, liberto vissuto nei primi decenni dell’impero romano. Come accade in genere nelle favole, i protagonisti sono animali (il lupo, l’agnello, la volpe  ….), ma sotto le loro sembianze è facile vedere i comportamenti degli esseri umani.

L’opera di Fedro raccolse l’interesse del maestro Luigi Ferrari, l’autore di tante poesie dialettali, nonché coautore, con Luciano Serra, di due vocabolari del nostro dialetto. Nel 1999, Ferrari scrisse la sua raccolta di 30 poesie in rima Csa dirâl Fedro? ispirate dalle favole dello scrittore dell’antica Roma, raccolta disponibile presso la biblioteca comunale “Pablo Naruda” di Albinea.

Per la nostra rubrica mensile, abbiamo scelto la favola Al rani mai cuntèinti, a nostro giudizio molto attuale, vista la rissosità del mondo contemporaneo e il desiderio di molti di avere un capuriòun. Fedro mise in calce alla sua poesia il proverbio:

“Anche voi, gente, disse [Esopo], chiudete un occhio di fronte a un certo male, per evitare che ve ne capiti uno peggiore”.

Il maestro Ferrari riprese questo avvertimento e lo scrisse così nel nostro bel dialetto:

“Lé ’d mèj pèrder incō dû dî ’d ‘na mân che pèrder tótt al brâs, se mai, a dmân!”

 

In mèzz a la pavēra
a gh’era un branch ed rân,
che ‘l féven ‘na gran fēra
int l’aqua dal pantân:
“Ché ‘n’s põl pió andêr avanti,
egh vōl un capurioun.
es sòm mucêdi in tanti
a fêr d’la cunfusioun!”
A Giôv al fân la dmanda
che ‘gh daga un quêlch padroun,
e ló, subétt, egh manda,
per schêrs, un bèll bastoun.
Pasêda la surprèişa,
al fân un gran mapèll:
“Un pèss ed lègn?… Che ufèişa!
Csa ‘s fâl un baciarèll?”
Aloura Giôv egh manda
‘na bésa d’aqua acsé,
che con la bòca granda
l’in magna dēş al dé.
Adèss al pòvri rani
al j’ân cambièe descours…
al ‘s löghen drée dal cani:
“Ajótt, basta, socours!…”
‘Na vouş la diş da l’êlta:
“Al boun a l’î scartèe,
se adèss a sî int la smêlta
l’é propia meritèe!”

pavēra = falasco, erba palustre
baciarèll = bastone lungo e nodo
Smêlta = fango, melma

Traduzione
In mezzo all’erba palustre/c’era un branco di rane,/ che facevano una grande confusione nell’acqua dello stagno.// “Qui non si può andare avanti,/ ci vuole un capo,/ ci siamo in tante/facciamo troppa confusione!”// A Giove chiedono / che gli mandi un padrone,/ e lui, subito, gli manda,/ per scherzo, un bel bastone.// Passata la sorpresa,/fanno un gran baccano:/ “Un pezzo di legno?… Che offesa!/ Cosa si fa con un bastone nodoso.// Allora Giove gli manda/ una biscia d’acqua [grande] così,/ che con la bocca grande/ ne mangia dieci al giorno.// Adesso le povere rane /hanno cambiato discorso…/si nascondono dietro alle canne;/”Aiuta, basta, soccorso!…”/ Una voce proveniente dall’alto:/”Il buono l’avete scartato,/se adesso siete nel pantano/ lo avete proprio meritato.

La poesia di Luigi Ferrari è letta da Luciano Cucchi

 

Per quanti amano il latino, Brunetta Partisotti ci ha regalato questa lettura nella lingua originale di Fedro

 

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