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LÉNGUA MÊDRA

Rèș e la nôstra léngua arsâna

Nota metodologica
ÊRBI E PIANTI ED RÈŞ

La sensibilità di tutti noi nei confronti del mondo vegetale è molto aumentata in questi ultimi anni. Un effetto, sicuramente, dell’onda verde che si è alzata qualche decennio fa, per l’azione di movimenti politici e associazioni ambientaliste e per la constatazione, palese, di quanti danni abbiamo prodotto agli ambienti naturali che reclamano una riparazione.

Parallelamente, è cresciuto l’interesse di molte persone per conoscere le meraviglie di questi essere viventi. Eminenti scienziati e meno noti esperti hanno vestito il ruolo di affascinanti divulgatori, hanno scritto libri di gran successo, tengono conferenze un po’ ovunque, hanno aperto canali di comunicazione sui social. Si spera che questa attenzione che hanno sollevato, consenta loro di influenzare in modo significativo le scelte degli amministratori sulla gestione del verde urbano e del paesaggio.

Fra i promotori di Léngua Mèdra non ci sono botanici o esperti che possano dire cose nuove o interessanti sulla vita delle piante. Il nostro piccolo contributo a questa atmosfera che profuma di verde pensiamo di poterlo dare, coerentemente con il nostro manifesto, riscoprendo i nomi con cui nel nostro dialetto si indicano le erbe, gli arbusti e le piante che crescono, per lo più spontaneamente, nel nostro territorio.
Quando ci è stato possibile, abbiamo voluto spingerci un poco più in là, proponendo una motivazione che ci è parsa plausibile per spiegarne il nome dialettale.

Le piante, come è noto, sono scientificamente identificate da una denominazione binomiale concepita dallo scienziato svedese Carl von Linné (Linneo). L’etimologia di questi nomi è spesso affascinante, rimanda a radici linguistiche greche, latine, arabe … richiama in una sola parola un mito greco, una leggenda medievale o tanto altro ancora.
I nomi comuni, in lingua italiana, spesso non ricalcano i nomi scientifici, variano lungo la penisola e della loro etimologia non ne parlano i libri. Ancora più misteriosi sono poi i nomi dialettali, che variano ancora più spesso con i mille dialetti (Lingue Madri) d’ Italia.

A cosa si ispirarono dunque i nostri antenati quando definirono i nomi delle piante?
Tentando una lettura sintetica della nostra ricerca possiamo classificare l’origine di molte di queste denominazioni in alcuni grandi gruppi:

a) nomi derivanti dalla dialettizzazione di nomi italiani, a loro volta spesso derivati da un termine latino
(es. acero > âser, aconito > acònit).

b) nomi derivanti da similitudini che la nostra gente ha visto fra l’aspetto di una pianta o di una sua parte, con il mondo animale
(es. Pè d’êsen, Cova ‘d vòulpa, Léngua ed bò…)

c) nomi che hanno attinenza con l’impiego terapeutico
(es. Êrba dal muròidi, Êrba da pôr, Êrba d’la frêva)

d) nomi derivanti dal sentimento religioso
(es. Êrba d’la Madòna, Êlber ed Giuda, Êrba ed santa Bêlbra)

e) nomi che indicano l’epoca della fioritura
(es. Fiòur dal frèdd, Fiòur dla nèiva, Fiòur ed Mâg)

f) nomi che che per il loro aspetto richiamano altri oggetti
(es. Balunsèin , Brèta da prêt, Curaj)

g) nomi che evidenziano una caratteristica della pianta
(es. Salèina, Êrba ruznèinta, Bòch biânch)

h) nomi che provengono da una cultura popolare “alta” e “poetica”:
(es. Perfètt amòur, Êrba strôlga, Dòls pcòun, Pimpignana)

i) nomi propri del dialetto, non riconducibili (da parte nostra) a categorie identificabili
(es. Gazannèla, Lataşèin, Pavēra)

Ai lettori il compito, e si spera il piacere, di scoprire quali siano queste piante e tante altre ancora.

NOTA METODOLOGICA

Questo repertorio di quasi 400 Êrbi e Pianti ed Rèš è un’estensione del Bavôll dal Paròli Arzàni, troppo specialistico per stare con le altre. Abbiamo volutamente evitato di includere approfondimenti delle caratteristiche delle piante che non fossero utili per conoscere l’origine dei loro nomi dialettali: avremmo solo copiato ciò che oggi si può trovare in ottimi siti web.

Il nostro percorso di ricerca si è sviluppato attraverso queste tappe:

1.
Identificazione delle specie botaniche presenti sul territorio provinciale attraverso la consultazione del testo Flora Reggiana (1997), di Alessandro Alessandrini e Giuseppe Branchetti, entrambi espertissimi botanici e ricercatori.

2.
Abbinamento delle singole specie alle denominazioni dialettali reperite sui due testi di Luigi Ferrari e Luciano Serra, il Dizionario Italiano-Reggiano (2006) e il Vocabolario del Dialetto Reggiano (1989) e nella pubblicazione specialistica I Nomi delle Piante nel Dialetto Reggiano, del botanico Carlo Casali, pubblicato nel lontano 1915.
Inoltre Informazioni importanti sulla probabile etimologia di diversi termini dialettali sono state reperite in scritti di Savino Rabotti;  nell’opera Quando le medicine profumavano di siepi e di prati di Riccardo Bertani e Giovanna Barazzoni [citati nelle schede con RB-GB]; nell’opera Lessico botanico popolare della provincia di Cremona-dialettale, etimologico di Valerio Ferrari, 2016; approfondimenti etimologici di Livio Ferretti [LF].

3.
Ricerca di illustrazioni delle specie botaniche così individuate, per rendere la consultazione della ricerca molto più gradevole. Per questo abbiamo attinto a piene mani da un ricchissimo sito specialistico (https://www.actaplantarum.org/) che consigliamo a quanti desiderano approfondire le loro conoscenze botaniche. Dallo stesso sito abbiano ricavato informazioni utili per giustificare le denominazioni dialettali.

4.
Quando questo non è stato possibile, abbiamo scandagliato il web, trovando ulteriori suggerimenti.

5.
In molti casi abbiamo solo potuto avanzare ipotesi più o meno plausibili sull’origine dei nomi dialettali. Lacune ce ne sono e forse qualcuno potrà aiutarci a colmarle.

6.
Nel testo i termini contrassegnati con:
(*) – un solo asterisco – si riferiscono a termini utilizzati prevalentemente nella zona montana;
(**) – doppio asterisco – si riferiscono a termini utilizzati prevalentemente nella zona padana.

Un sentito ringraziamento va al professor Ugo Pellini per averci indicato l’esistenza del testo di Carlo Casali e a Maria Teresa Pantani per averci fornito il testo di Valerio Ferrari.