Cosa si mangiava quando c’era la miseria.
Colloquio con il figlio Corrado, 70 anni.
Registrazione effettuata il 25 giugno 2024.
-Presento mia madre agli amici di Léngua Mêdra. Parliamo nel dialetto di Baiso che mi ha insegnato lei e mia nonna. Allora mamma quando sei nata?
– Sono nata il 12 ottobre del 35.
– Praticamente lo stesso giorno che Colombo ha scoperto l’America
– Anche quando è nato Pavarotti. Avevamo la stessa età, solo che lui cantava e io invece no.
– Cantava un po’ meglio di te.
– Ma ero brava anch’io, cantavo bene anch’io.
– Bene, oggi dovremmo parlare delle cose che facevate in cucina quando eri giovane, cosa mangiavate quando c’era della miseria. Tu dove sei nata?
– Io sono nata al Castagneto di Baiso.
– Quindi nel 35, finita la guerra avevi 10 anni, quando c’era una gran miseria.
– Una miseria grigia. Adesso il Castagneto vale perché dicono che è un bel posto, ci sono degli studiosi, una volta era come se fossimo tutti bischeri.
– Ho capito! Cosa mangiavate in quei tempi di miseria?
– Mangiavamo la suleda, la solata, fatta di mais. Dicevano che faceva bene ai vecchi, ma la mangiavamo anche i giovani.
– Ma cos’era, come era fatta?
– Era fatta di mais con la ricotta, una pestata di grasso, un po’ di cipolla, poi la si metteva nel forno.
– Una pestata di grasso, perché il grasso lo si pestava?
-Lo si pestava sul piano di legno e mangiavano anche il legno perché tutte questi piani che sono in giro sono tutti forati,
– Insieme al grasso si mangiava un po’ anche il legno.
– Adoperavate anche il ramaiolo per fare la pestata?
– No, il ramaiolo lo adoperavamo a tirar su la ricotta, facevamo il formaggio in casa e poi facevamo la ricotta dal siero e tiravamo su la ricotta dal siero poi per impastarla si usava il siero che c’era. Poi la mettevamo nel forno.
– Era quasi un piatto da re a quei tempi.
– La si faceva ogni tanto, non sempre.
– Questa era la suleda. E facevate i casagaj?
Si li facevamo ma a Castagneto c’erano anche le castagne, quindi allora mangiavamo anche tante castagne.
E a proposito di castagne… i panetti di castagna li facevate?
I panetti di castagne li facevamo… quelli si facevano con acqua, farina e sale.
Cos’era quello un pane, un panegtto?
– Era un panetto secco come un chiodo.
Però secondo me, a volte c’era un sacco di gente che non aveva neppure i denti…
No, lo comperavano anche, c’era chi veniva quando c’erano le feste, per San Mauro, il padre di Giancarlo M., Iseo, veniva da mia madre e diceva: -Mi fate un cesto di panetti che c’è la festa?
La fiera ..
Al Cavallo Rosso lo facevano a san Mauro…no, non al Cavallo Rosso*, a Casa della Regina, il casaro di Casa della Regina* dice: – Ballano. E io vado a vendere i panetti. Avevo una moto con un sidecar, e mettevo lì il cestino e li vendevo lì.
Il sidecar…
Quella carrozzina attaccata alla moto.
Bene, siamo a posto.
Non si tribolava tanto per andare a mangiare fuori.
Eh si mangiava poco allora
Si mangiava poco ma era meglio
Il colesterolo era sotto controllo.
Non si andava dal dottore a fare gli esami.
Ma mi sembra che tu abbia tenuto botta.
Comunque ci vado poco anche adesso faccio in modo di andarci poco.
*Il Cavallo Rosso e la Casa della Regina erano due caseifici di Baiso. Per San Martino, quando i caseifici erano fermi, si facevano feste danzanti improvvisate in cui si vendevano i panàt.
Legge un racconto scritto da lei stessa, dal titolo:
Diâlogh tra amîgh
Registrazione effettuata il 4 luglio 2024.
Dialogo fra amici
Un crampo, subito dopo aver fatto saltare dal letto un anziano, incontra l’osteoporosi: “Oh, ciao, come ti va con il lavoro?”
Lei: “Anche se agli anziani non fa piacere, il lavoro non mi è mai mancato, e a te?”
“Bè, la mia è una ditta piccola, ma sono curioso di sapere chi mi ha battezzato; se siamo qui tutti e due, qualcuno ci ha portato! “
Lei: “So solo che la gente è arrabbiata con noi, ci mette il bastone tra le ruote; io vado con loro dal dottore, e sento che raccontano i loro dolori, qualcuno ci aggiunge anche qualcosa. Lui, che ha studiato, ascolta, e gli dà un parere, poi gli allunga un foglietto firmato, con dei nomi strampalati, da portare in farmacia. Devi vedere in quanti ci sono: uomini e donne vestiti di bianco che tirano fuori pillole, boccette e flaconcini da scriverci sopra [a cosa servono] sennò ci viene della confusione. Ognuno viene fuori con la sua borsina più costosa di quella della spesa. “
“Fermati – dice il crampo – mi devi spiegare: ai farmacisti, siamo noi che gli diamo da mangiare?” “Onestamente – dice lei – mentre noi facciamo del male alla gente, c’è chi guadagna per farla guarire, per allungargli un po’ la vita, ma sono di razza mortale!
Sai? Uomini e donne hanno di brutto che più che curarsi mangiano di gusto e non si tengono controllati. “
Il crampo:” Scommetto che sono loro che ci hanno battezzato. È possibile! Adesso vedrai che gli sto addosso, come scade l’effetto della cura, li torno a pizzicare”.
L’osteoporosi: “Sai? La gente le inventa tutte per scampare, ma per mal che vada anch’io trovo sempre un osso da rosicchiare!”
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