LÉNGUA MÊDRA

Rèș e la nôstra léngua arsâna

ETIMOLOGIA Q-R

Q

Qualmèint

Qualmèint (raro): qualmente, composto dall’aggettivo “quale” e dal suffisso “-mente” nella locuzione “come qualmèint”: come qualmente, in quale modo esatto, in che modo, come precisamente, deriva da “quale” dal latino “qualem, qualis”. Dice il GDLI: « Introduce una prop. comparativa: come, nel modo in cui (ed esprime un rapporto di somiglianza o di identità, anche in correlazione con talmente)».

Quarantôt

Quarantôt: quarantotto, scompiglio, subbuglio, è evidente che il termine è formato da “quarânta” più “ôt”, in “è sucès un quarantôt”: è successo un disastro o “a chêrti quarantôt” andare in malora. Il “quarantotto” è riferito a i moti rivoluzionari del 1848 che sono stati essenzialmente di natura liberale e democratica, ed avevano l’obiettivo di sostituire le vecchie strutture monarchiche con la creazione di stati-nazione indipendenti, come auspicato dai sostenitori del nazionalismo romantico. Il loro impatto storico fu così profondo che nel linguaggio corrente è entrata in uso l’espressione “… un quarantotto” per sottintendere una improvvisa confusione, o scompiglio.

Quartâna

Quartâna: quartana, febbre quartana, chiamata così perche si manifesta dall’inizio ogni quattro giorni con l’intervallo di due giorni senza febbre, dal latino “quartană (febris)” da ” quartānus”: del quarto giorno da “quartus”.
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Quartâsa

Quartâsa: letteralmente ‘copertaccia’, in “dêr la quartâsa” che consisteva nel buttare addosso a una persona una coperta per bastonarla o per immobilizzarla e neutralizzarla meglio, questa ultima azione veniva compiuta prevalentemente nel manicomio di San Lazzaro dagli infermieri/e per fermare un malato/a fuori controllo e sedarlo. L’origine del termine è evidentemente il peggiorativo di coperta femminile di “coperto” participio passato di “coprire”: nascondere una cosa allo sguardo altrui stendendo o collocando un oggetto sopra, davanti o intorno ad essa, dal latino “cooperire”, derivato di “operire”: coprire, col prefisso “co-“. Ma l’origine del detto è, per ora, sconosciuta, ci prova Galvani che dopo aver premesso che, da “stragulum”: coperta si è formato “sagum” e poi “sagus/saga” con lo stesso significato, trae, con una citazione di un paragrafo del Du Cange, “sago-ja-ctari” ossia “sagojactare”= «dare la copertaccia (dèr la quertàza)», però di questa ipotesi non c’è nessun riscontro e nessuna traccia.

Quintêl

Quintêl: quintale, dallo spagnolo “quintal”, dall’arabo “qinṭār”, a sua volta dal greco bizantino “kentēnárion”, dal latino “centēnārĭus”: ‘peso di cento libbre’. Unità di misura di peso e di massa del sistema metrico decimale (simbolo: q), equivalente a 100 kg-peso o, rispettivam., kg-massa. Correntemente usata ma non ammessa dal Sistema Internazionale; prima dell’adozione del sistema metrico decimale aveva valori diversi sia per le città italiane, a Reggio, non in tutti i comuni della provincia, 32.45 Kg, invece a Castellarano, Rubiera, San Martino in Rio 34.04Kg (libbra di Modena), a Ciano e Gattatico 32.80 Kg (libbra di Parma) e a Correggio 32.67 (libbra di Milano).

R

Rantumâja

Vocabolo polisemico, in reggiano può avere questi significati: accozzaglia, gentaglia, marmaglia, ciurmaglia, teppaglia, ossia insieme di persone inette, maleducate o comunque spregevoli; ma può significare anche un insieme di cose di poco valore e poca utilità, spazzatura, cianfrusaglia; di derivazione toscana. Parrebbe derivare dall’ antico “razzumaglia” che nel primo significato è derivante dal dispregiativo di “razza umana” e nel secondo significato derivato dall’ effetto di “razzolare” (antico “razzare”: raspare, grattare) nel senso di spazzare da un volgare “razzumare” e quindi il risultato dell’operazione di “razzumare” è la “razzumaglia”.

Zambaldi su ” Vocabolario etimologico italiano: «Razzolatura, l’atto e l’effetto del “razzolare”: spazzatura; “razzolio”: il razzolare frequente e continuato; da “razzume” ciò che si spazza via è “razzumaglia”: spazzatura»

Sul “Grande dizionario della lingua italiana” della Crusca: «Razzumàglia (razzamàglia),

 Spregiativo. Insieme, accolita, torma di persone di infima condizione, vili e spregevoli, ignoranti, volgari; canaglia, gentaglia, marmaglia.» continua con: « Mucchio di spazzatura. – Al figurato: ammasso di cose eterogenee, di esiguo valore e di scarsa utilità. Voce di area toscana, (e, in particolare, lucchese e pistoiese), (“ruzzamàia”  e, già nel XV secolo, a Perugia, “razamaglia”),  forse sovrapposizione di “marmaglia”, a una forma “razzume” (o “razzame”), collettivo spreg. da “razza”».

Quest’ ultimo è in riferimento a genere umano, più precisamente a ciascuno dei gruppi omogenei e, in particolare, a i tre grandi gruppi: bianco, nero e giallo.

Pianigiani dice: «Razzumàglia e razzamàglia dall’ antico “razzare” (“radiare”) spazzare e indi raspare o scavar col piede, detto de’ cavalli, (Onde il mod. “razzolare), mediante una forma propria di collettivi “razzame, razzume” ciò che si spazza (cfr. “porcume, untume”)  e terminazione  spregiativo in “-aglia”, come in canaglia, plebaglia e simili. Minutaglia, rifiuto; e propriamente spazzatura, immondezza.»

Rubinèt

Rubinèt: rubinetto, deriva dall’ antico termine francese (1401) “robinet” (diminutivo di “Robin”), è una parola che entra in italiano nell’Ottocento attraverso il piemontese “rubinatt”, subito italianizzato “robinetto” poi “rubinetto. Per la sua etimologia ci sono due versioni, la prima, versione dice che “robin” è il vezzeggiativo del nome “Robert” che i francesi affibbiarono ai mascheroni posti all’estremità dei tubi delle fontane pubbliche spesso decorate con una testa di montone stilizzata da dove usciva l’acqua. La seconda, più accreditata, parte dal fatto che “Robin”, in Francia, era il nome proprio con il quale s’indicava il montone e i primi rubinetti avevano le chiavette a forma di una testa di montone.
Curiosità: il termine “mouton” in francese può designare in modo restrittivo il maschio castrato, oppure essere preso come termine generico e designare indifferentemente l’ ariete, la pecora, o l’agnello/a). Nella letteratura medievale francese, “Robin” era spesso usato come termine dispregiativo per indicare un contadino sciocco e pretenzioso (inizio del XIV secolo, ancora nel XIX secolo). Gli inglesi presero in prestito il termine “robin” dal francese antico, usato in usi simili, e lo trasformarono nel nome del pettirosso. Paolo Monelli (1891 –1984) giornalista, scrittore e militare italiano in un articolo su la “Gazzetta del Popolo” del 5 ottobre 1932 nella rubrica “Una parola al giorno” con un articolo dal titolo “Rubinetto” contesta l’uso del vocabolo di derivazione francese, conclude scrivendo: « Da rubinetto han fatto rubinetteria; ma noi ci faremo uccidere piuttosto che usare questo vocabolo».